PROGETTO POLITICO

Sorge, perciò, l'esigenza di un progetto teso alla riforma degli attuali rapporti, che dovrà contenere:

  • i problemi che, se irrisolti, impediscono il benessere della gente;

  • gli effetti della mancata soluzione ai problemi stessi;

  • gli obiettivi realizzabili;

  • le ipotesi di soluzione praticabili;

  • i mezzi necessari per realizzare risultati;

  • l'impostazione di un piano strategico mediante il quale organizzare i mezzi;

  • la previsione degli effetti prodotti dai risultati ottenibili.

Rinnovamento propone questo progetto, che scaturisce da un'indagine filosofica ed etica sui fatti, per come sappiamo che sono, ed è anche lo strumento propulsivo del progetto stesso.

Abbiamo visto che i problemi principali da risolvere perchè la gente possa ottenere un generale benessere sono:

  • i problemi economici relativi alla produzione, alla distribuzione ed alla destinazione della ricchezza;

  • i problemi della salute della gente, costituiti da elementi di carattere personale e di carattere ambientale;

  • i problemi della giustizia a livello civile, penale, amministrativo; ­ i problemi relativi al funzionamento dello Stato, per quanto riguarda i servizi di interesse comune, il loro costo e le risorse per poterlo sostenere;

  • i problemi etico­morali relativi ai rapporti tra governanti e Stato, tra governanti e governati, tra produttori ed utilizzatori.

Nel contesto di questi problemi fondamentali, si inseriscono quelli relativi alle riforme istituzionali, al sistema di governo, al processo di acquisizione e di trasferimento della cultura, all'ordine pubblico, alla difesa, alla politica estera ed alle autonomie dei governi locali.

Il primo problema economico riguarda la produzione di ricchezza.

La ricchezza di una nazione come l'Italia, la cui situazione non si discosta molto da altri Paesi industrializzati, proviene dai settori dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi.

Parliamo innanzitutto dei primi due settori, ai quali spetta il compito di produrre beni utili a soddisfare altrettanti bisogni.

Il processo di produzione della ricchezza, in questi due settori, è normalmente costituito da:

  • risorse naturali prodotte od acquisite;

  • organizzazione del loro impiego;

  • lavoro fisico ed intellettuale prestato.

L'insieme di queste tre componenti rappresenta il costo da sostenere per produrre beni.

La riduzione del valore di queste tre componenti di costo può produrre due effetti: l'incremento della produttività ed una conseguente maggiore competitività dell'offerta, sia a livello nazionale che a livello di mercato mondiale.

Infatti, se il costo impiegato per produrre una unità di bene si riducesse, nella stessa unità di tempo si potrebbe produrre una quantità superiore di beni i quali, avendo un costo, e quindi un prezzo, inferiori, provocherebbero un incremento della domanda degli stessi beni.

Il valore delle tre componenti di costo può essere ridotto attraverso:

  • l'acquisto delle risorse direttamente presso le fonti di produzione, escludendo la componente di costo attualmente destinata al reddito di chi trasferisce le risorse stesse;

  • la riduzione di oneri sopportati dalle imprese alle quali spetta il compito di organizzare l'utilizzo delle risorse, oneri che, sia per il costo dei servizi, sia per il carico di prelievo fiscale, sono oggi certamente eccessivi;

  • l'adeguamento tecnologico di diversi comparti di questi due settori produttivi, ai livelli dei comparti tecnologicamente più avanzati.

Il settore dei servizi, infine, deve essere ricondotto alla sua funzione strumentale alla produzione di beni, alla loro distribuzione ed alla loro destinazione.

E' quindi necessario riportare il prezzo dei servizi in relazione ai costi effettivi dei servizi stessi, anche se questo comporterà, ovviamente, una riduzione degli utili per chi li presta.

Ed ora vediamo il problema della distribuzione dei beni e dei servizi, in pratica la loro commercializzazione.

I prezzi ricavati dai produttori agricoli sono mediamente inferiori alla metà dei prezzi praticati ai consumatori; i costi di produzione dei beni industriali non superano il quarto dei prezzi richiesti agli utilizzatori.

In pratica, la metà di quello che spendiamo per alimentarci è costo del servizio, come sono costi dei servizi i tre quarti di quello che spendiamo per acquistare beni industriali durevoli e di consumo.

E' senz'altro possibile dimezzare il costo dei servizi relativi alla distribuzione dei prodotti agricoli e ridurre di un terzo quello dei servizi relativi alla distribuzione dei prodotti industriali.

Per ottenere questo risultato è necessario:

  • per quanto riguarda i prodotti agricoli, istituire consorzi di distribuzione controllati dai produttori;

  • per quanto riguarda i prodotti industriali, adottare un processo di divulgazione dei costi industriali di produzione, attraverso il quale gli utilizzatori siano messi nelle condizioni di comparare i prezzi di acquisto in rapporto alla qualità dei beni acquistati;

  • ricondurre la pubblicità entro il minimo costo possibile per fornire le necessarie informazioni commerciali;

  • incentrare il processo di promozione degli scambi internazionali sui differenziali produttivi tra quanto le nostre imprese potenzialmente possono produrre e quello che realmente producono (tutti sanno che, superato il fatturato minimo, normalmente i costi fissi si riducono).

Circa i problemi della salute, è necessario muoversi su due livelli:

  • il primo riguarda tutto quello che provoca malattia, dalla produzione di inquinamento alle sofisticazioni alimentari, alle malattie professionali;

  • il secondo riguarda l'efficienza delle strutture sanitarie, il cui costo è esploso negli ultimi anni senza che, dall'altra parte, sia stata realizzata un'adeguata assistenza sanitaria; l'unica cosa che abbiamo a disposizione in sovrabbondanza sono i medicinali, consumati più per effetto di grandiose operazioni di marketing che di effettive necessità.

La corretta adozione delle direttive comunitarie in materia di ecologia e di salute sul lavoro è sufficiente, forse un po' a posteriori, a garantire la soluzione di questo problema.

La ricomposizione degli organi dirigenti delle strutture sanitarie, sostituendo gli attuali componenti dei consigli di amministrazione con medici e gente comune, al posto di politici, potrebbe avviare una ristrutturazione concreta e corrispondente agli interessi dei cittadini.

La giustizia, in uno stato di diritto, deve essere rappresentata in modo imparziale da una istituzione indipendente dallo Stato e, quindi, indipendente dal potere politico che governa lo Stato stesso.

I magistrati devono rappresentare il popolo, quindi dal popolo, attraverso suoi rappresentanti, devono essere nominati i giudici.

E gli organi dirigenti della Magistratura devono essere composti da magistrati, non da politici.

Il Diritto Civile deve essere riformato in applicazione delle norme comunitarie (privato, commerciale, etc.), che prevedono l'adozione di nuove leggi e la soppressione di leggi ormai superate.

Il Diritto Penale deve garantire gli onesti, comminando pene correttamente riadeguate rispetto ai reati, senza possibilità di attenuanti.

Il Diritto Amministrativo deve garantire a tutti i livelli la libertà di difesa dei cittadini, oggi minata da norme mediante le quali le presunzioni dello Stato vengono assunte come diritto fino a prova contraria.

Bisogna dimostrare, non solo convincere, la gente che lo Stato siamo noi.

Circa il funzionamento dei servizi di pubblica utilità, si tratta di definire quelli che debbono essere gestiti direttamente dallo Stato e quelli che possono essere gestiti da privati sotto il controllo dello Stato.

Lo Stato potrebbe, quindi, gestire direttamente i seguenti servizi:

  • l'apparato di Governo;
  • la programmazione economica;
  • il sistema sanitario;
  • la difesa dell'ambiente;
  • l'istruzione pubblica;
  • l'ordine interno;
  • i lavori pubblici e la viabilità;
  • la difesa;
  • l'amministrazione della giustizia;
  • gli affari esteri;
  • la ricerca scientifica;
  • la manutenzione dei beni culturali.

I servizi gestiti da privati sotto il controllo dello Stato potrebbero essere:

  • la riscossione delle imposte;
  • i trasporti pubblici;
  • poste e telecomunicazioni;
  • la previdenza sociale;
  • la marina mercantile;
  • i consorzi di distribuzione.

Nel 1991, il Bilancio dello Stato italiano previsto in Lit. 509.593 miliardi di spese correnti e Lit. 70.664 miliardi di spese in conto capitale, per un totale di Lit. 580.258 miliardi, risulterebbe così ridotto a Lit. 471.451 miliardi, senza considerare possibili contrazioni delle spese correnti del Ministero del Tesoro: il risparmio sarebbe di almeno Lit. 108.807 miliardi.

Sarebbero perciò necessarie risorse, per coprire i costi dei servizi erogati direttamente dallo Stato, pari a poco più del 33% del Prodotto Interno Lordo, invece del 41% come previsto.

Sorge il problema delle risorse statali che, come abbiamo visto, dovrebbero essere intorno al 33% del PIL.

Noi crediamo che gli italiani accetterebbero un prelievo di quelle dimensioni, se consapevoli e convinti di doverlo sostenere per realizzare un progetto nel quale, ragionevolmente, si possa credere.

Stesse considerazioni possiamo fare per gli esercizi successivi.

Circa i problemi etico morali, si possono ipotizzare:

  • rapporti tra governanti e Stato ripuliti da qualsiasi incidenza istituzionale dei partiti politici;

  • rapporti tra governanti e governati costituiti da un conferimento di incarico in base ad un determinato programma, con verifica periodica dei governati;

  • rapporti tra produttori ed utilizzatori fondati sulle reali spese di produzione dei primi e sulle reali esigenze dei secondi.

Torniamo alla questione istituzionale.

Ne abbiamo già parlato ma, per l'importanza che riveste la questione, è opportuno ribadire alcuni concetti.

Occorre prima di tutto rilevare come i padri fondatori della Repubblica abbiano inteso far partecipare i cittadini alle scelte politiche esclusivamente tramite i partiti politici ed i gruppi politici organizzati.

Le norme elettorali, riprendendo tale impostazione, conferiscono ai partiti o gruppi politici la facoltà di determinare le candidature dei governanti, attraverso un marchingegno elettorale teso a garantire i partiti presenti alla fase della Costituente.

Infatti, le attuali leggi elettorali consentono ai partiti che abbiano espresso in precedenti consultazioni almeno un deputato ed un senatore di presentarsi con propri candidati in tutte le circoscrizioni, mentre impongono a partiti di nuova istituzione di poter presentare candidati soltanto nelle circoscrizioni nelle quali vengano presentate liste di candidature sottoscritte da un certo numero di elettori.

E' scontata l'affermazione secondo la quale ciò è stato voluto per impedire una proliferazione di gruppi politici nel momento delle consultazioni, ma c'è di più, o meglio, c'è dell'altro.

A meno che un gruppo politico di nuova istituzione non si presenti già talmente forte ed organizzato da poter presentare liste in ogni circoscrizione, normalmente tale gruppo politico, alla prima consultazione dopo la sua istituzione, si presenta in alcune circoscrizioni, laddove magari ottiene anche consensi consistenti: da quella prima consultazione alla successiva, i partiti storici hanno tutto il tempo per correre ai ripari, normalmente facendo propri alcuni degli obiettivi del gruppo di nuova istituzione e mettendo all'indice tutti gli altri obiettivi che, poi, erano quelli che in realtà distinguevano questo nuovo gruppo rispetto a quelli già esistenti.

Il risultato è nei fatti. Una nuova iniziativa politica si presenta in alcune circoscrizioni, ottiene ottimi consensi e, quando dopo cinque anni, si presenta a livello nazionale, diventa un gruppo ininfluente.

E così si perpetua il regime dei partiti storici, magari trasformati in aggregazioni apparentemente nuove.

Il sistema di governo è fondato sulla nomina, da parte del Presidente della Repubblica, di un capo del Governo il quale, a sua volta, designa i ministri che, a loro volta, sono prescelti su indicazione dei partiti. Così, i partiti, dopo aver sottoposto agli elettori i candidati da eleggere, sulla base di "linee programmatiche", scelgono tra gli eletti i governanti che più sono in grado di rappresentare gli interessi dei rispettivi partiti.

E siccome tutti i partiti politici, che si richiamano a principi di machiavellica memoria, hanno qualcosa da nascondere che gli elettori non sanno ma che ben conoscono gli altri partiti, si perpetua il potere degli stessi.

Per necessità, per impossibilità di fare diversamente, tant'è vero che, anche nel corso delle campagne elettorali, ciascun partito non solo non denuncia i propri errori, ma non denuncia neanche gli errori degli altri partiti, limitandosi ad affermare che, rispetto a prima, ottenendo più voti, le cose cambieranno.

Si innesta qui il discorso sulla cultura, o meglio sull'informazione.

L'informazione è potere!

La possibilità di consolidarlo è legata al fatto di informare parzialmente, con riserva.

Se gli esponenti dei partiti politici italiani raccontassero al popolo italiano tutto quello che sanno, quello che hanno fatto per mantenere il potere, il popolo italiano non li voterebbe più.

Quindi, si preferisce millantare sulle prospettive piuttosto che riferire dei fatti accaduti, quando non si giunge a dar la colpa al popolo stesso dei guai che i partiti hanno provocato.

Siamo capaci di pubblicare su tutti i quotidiani che bisogna ridurre di decine di miliardi le spese per la sanità senza parlare della destinazione dei 380.000 miliardi previsti nel 1991 (poi ne sono serviti di più) per il Ministero del Tesoro.

Si pretende che l'ordine pubblico possa essere garantito da corpi costituiti per la stragrande maggioranza da gente del meridione, che proviene, dunque, dalle regioni nelle quali sono nate la mafia, la camorra e la 'ndrangheta.

Sono certamente italiani, con tutta l'intelligenza e la buona volontà dei nostri connazionali, ma le famiglie, i parenti, sono nei luoghi d'origine: come si può difendere, questa gente, dalle reazioni della delinquenza?!

I tutori dell'ordine si portano addosso la paura e l'indecisione, non tanto per loro quanto per tutti quelli ai quali le loro iniziative potrebbero nuocere.

Tra l'altro, non si capisce perchè dovrebbero accettare grandissimi rischi per scoprire e prendere i delinquenti quando poi, in poche ore, questi vengono messi in libertà.

La questione della difesa del territorio va risolta partecipando alle strutture continentali già ipotizzate in sede comunitaria.

Anche qui, siamo chiari: se il servizio di leva deve servire per ridurre la disoccupazione giovanile è un conto, ma non si venga a sostenere che le giovani reclute possono difendere il territorio; al massimo, possono essere considerate carne da macello, in caso di guerra.

Le autonomie locali non funzionano perchè mancano leggi quadro nazionali sugli organici (diventati carrozzoni più ancora dei Ministeri) e mancano le autonomie finanziarie.

Si prosegue nell'applicazione delle teorie keynesiane sulla base delle quali si suppone che gli indebitamenti siano proporzionali alla produzione di ricchezza, con il risultato che, come accade nei 41 Stati più grandi della Terra, le bilance dei pagamenti sono in disavanzo, come lo sono i bilanci degli stessi Stati.

Bisognerà pure, alla fine, che ci diciamo: "Tanto abbiamo, tanto possiamo produrre, tanto possiamo spendere, tanto possiamo reinvestire".

Da queste scarne enunciazioni, si può trarre l'opinione che Rinnovamento è un'iniziativa profondamente nuova e diversa, né parziale ne trasversale, ma trasparente ed aperta.

Dalla riconquista dei diritti democratici ottenuta a carissimo prezzo con la Liberazione, proponiamo di conquistare la pienezza del benessere comune con Rinnovamento.

Invitiamo le persone che ritengono di avere le capacità per affrontare i problemi italiani a farsi avanti, a contattarci.

Rivolgiamo questo invito soprattutto ai giovani, alle donne, agli anziani, a coloro cioè che più sopportano il costo dell'attuale situazione, pur avendo potenzialmente le risorse individuali per rinnovare, per migliorare, questo stato di cose.

Lo rivolgiamo ai tecnici, agli scienziati, a tutti coloro che, professionalmente, sono in grado di prestare il proprio contributo perchè dall'Italia nasca un nuovo sistema democratico rappresentativo, mediante il quale rinnovare il nostro Paese.

Lo rivolgiamo agli agricoltori, agli ambientalisti, agli artigiani, agli artisti, ai professionisti, agli impiegati, ai braccianti, agli investitori ed agli imprenditori, alle casalinghe, ai cooperatori, ai commercianti, ai finanzieri, ai genitori, ai giornalisti, agli insegnanti, ai medici, ai magistrati, agli operai, ai pensionati, ai pescatori, ai religiosi, agli studenti, ai risparmiatori, agli statali, ai venditori, ai militari, ai filosofi, ai managers.

Lo rivolgiamo anche ai candidati di altre forze politiche che abbiano lo spirito per mettere la loro esperienza al servizio di un progetto veramente nuovo ed originale, nella consapevolezza che questo sarà utile per realizzare gli obiettivi che essi, personalmente, vorrebbero poter realizzare.

Rinnovamento è l'occasione per trasformare tutto quanto ogni giorno ci auguriamo che possa cambiare, è una forza che nasce in mezzo alla gente per la gente.

A tutti, noi diciamo che non è troppo tardi, non è vero che le cose non possono più essere migliorate.

Gli italiani non sono dei deboli, come da più parti si sostiene!

Riscopriamo la verità, su di noi e sugli altri, riflettiamo sui problemi che, peraltro, giorno per giorno dobbiamo affrontare, ed uniamoci per definire un grande progetto teso al generale benessere.

Lo dobbiamo fare per noi, per i nostri figli, per le nostre donne e per i nostri uomini.

In pochi mesi, lavorando con dedizione, possiamo convincere che è possibile costruire una nazione nella quale la gente sia più vera, più libera e più giusta.

Dovremo dedicarci alla identificazione dei candidati tra quanti, spontaneamente, manifesteranno la loro disponibilità ed a presentare al corpo elettorale i problemi che ci proponiamo di risolvere, precisandone i modi, i tempi e gli strumenti necessari.

Il popolo italiano, che la storia ha collocato tra i grandi artefici della civiltà, pur con tutte le sue contraddizioni, i suoi errori e le sue debolezze, non può tollerare che, ancora una volta, tutto rimanga come prima.

Ed al popolo italiano Rinnovamento si propone: insieme, saremo più capaci di governare, saremo più affidabili, sapremo garantire meglio le conquiste democratiche compiute e da compiere nel nostro Paese.

Da qui, dalla nostra Italia, abbiamo l'occasione per lanciare la sfida di Rinnovamento.

Dovremo accettare il sacrificio di pensare e di lavorare in modo originale, al di fuori dei luoghi comuni, nella ferma convinzione che, se è giusto quello che vogliamo, riusciremo a cambiare.

Dovremo anche accettare che tanti altri, in un futuro anche molto prossimo, assumano la paternità delle nostre idee e dei nostri progetti.

Questo non deve rappresentare un costo ma un augurio.

Dovremo essere in tanti e dovremo essere responsabili, per orientare la nostra forza al fine ultimo che intendiamo realizzare: il benessere della gente che lavora e produce e di quella che non può lavorare e non può produrre.

Potremo realizzare una convergenza generale dei lavoratori, dei risparmiatori, degli investitori e dei consumatori, dei disoccupati e degli ammalati, dei giovani, delle donne e degli anziani, dei quali ascolteremo i consigli e le esortazioni.

E' possibile farcela, questo è certo!

Tocca a noi fare in modo che diventi probabile, quindi mettiamoci subito al lavoro.

Rinnovamento deve essere meditato, anche attraverso la lettura del testo Pentakos del quale abbiamo parlato all'inizio.

In quel testo sono enunciate le concezioni fisiche, sociali, civili, politiche, economiche e religiose dalle quali trae origine l'iniziativa di Rinnovamento.

La nostra iniziativa si propone con uno statuto e delle regole interne democratiche, dovremmo dire neo­democratiche, nelle quali può riconoscersi la stragrande maggioranza degli italiani che vogliano concorrere alla realizzazione di un progetto di profonda trasformazione dei rapporti sociali, civili, economici e politici del nostro Paese.

E' uno statuto che prefigura i nuovi rapporti istituzionali che si propongono all'attenzione del popolo italiano.

Non è certamente nostra intenzione pretendere di conoscere la verità, né quella di alimentare lo sconforto e la sfiducia, mentre è nostra ferma intenzione denunciare le false verità, metterle in discussione tra la gente, perchè siamo convinti che il popolo deve sapere.

E, con un lampo di rinnovata intelligenza e di necessario orgoglio, proponiamo agli italiani di discutere e decidere sul progetto migliore per la rinascita dei valori più veri in Italia e nel Mondo.

Rinnovare, migliorando, è possibile con Rinnovamento.